11 giugno 2007

LA RIPRESA PLANETARIA TRAMITE WEBCAM

Tra le recenti piccole "rivoluzioni" nel campo dell'astronomia amatoriale non si può non parlare delle tecniche di ripresa planetaria mediante webcam.
Credo pochi non sappiano cosa sia una webcam, mentre forse un numero più nutrito di persone ignora che questi piccoli apparecchi si possano rivelare così versatili e potenti da potersi utilizzare in campo astronomico (amatoriale, si intende).
Mediante queste piccole telecamere per computer è stato possibile portare sul banco di lavoro di ogni astrofilo un sensore CCD (o CMOS) a colori dalle buone prestazioni e, cosa più importante, a costi relativamente bassi.
Come già accennato in precedenza queste camere vengono utilizzate per effettuare riprese di corpi del sistema solare (Luna, Sole, pianeti..), l'incapacità di questi strumenti di eseguire delle lunghe pose le esclude dal campo della ripresa di soggetti del profondo cielo.
Andiamo quindi a vedere di cosa necessitiamo per lavorare con questa tecnica e come operare.


Attrezzatura
Scontato possedere un computer.
vviamente per prima cosa dovremo dotarci di una webcam per computer, è bene scegliere un modello a colori, che possa acquisire filmati ad una risoluzione di 640X480, almeno a 30 frames al secondo. In commercio esistono webcam munite di sensori CCD e altre di sensori CMOS: ora non ci addentreremo in spiegazioni tecniche, sappiate solamente che i sensori CCD presentano un minore "rumore di fondo", e una maggiore sensibilità, rispetto ai sensori CMOS, anche se il prezzo di quest'ultimi risulta inferiore ai primi menzionati. Il rumore di fondo, nelle camere CCD professionali per uso astronomico, viene attenuato raffreddando opportunamente il sensore stesso, questo invece non avviene nel caso delle comuni webcam.



Una delle webcam più apprezzate per utilizzoastronomico, la Philips ToUcam Pro II


La webcam appena acquistata non può però venire utilizzata immediatamente, è prima necessario rimuovere le ottiche che equipaggiono di serie il prodotto: normalmente l'operazione si rivela molto facile in quanto le ottiche sono rimuovibili semplicemente svitandole.
Con questa operazione metteremo a "nudo" il sensore della webcam. Ora come fare per collegare la webcam alla cella portaoculari del vostro telescopio?
Non esiste un solo metodo: volendo potete utilizzare un portarullini in plastica nera ,tagliato e incollato al corpo della webcam.
Inutile sottolineare come questo metodo appaia assai grezzo e le difficoltà nel centrare esattamente il cilindretto in plastica con il sensore stesso.
Il consiglio che personalmente vi do è quello di utilizzare dei raccordi metallici studiati ad hoc: alcuni negozi che trattano materiale astronomico producono e vendono siffatti raccordi, oppure potete ottenere il pezzo semplicemente rivolgendovi ad un tornitore, che lo realizzerà secondo le vostre indicazioni. In quest'ultimo caso ricordatevi di annerire le pareti interne con della vernice nera opacizzante.



Esempio di raccordo per webcam (nel caso specifico per Philips ToUcam Pro)



Un altro vantaggio che risiede nell'utilizzare dei raccordi studiati specificatamente è quella di poter anteporre al sensore un qualsiasi filtro a nostra scelta, a seconda delle necessità, che andrà ad avvitarsi all'interno del corpo dello stesso raccordo (se siete intenzionati a farvi tornire un raccordo quindi non dimenticate di far effettuare anche una breve filettatura interna).
Ma di quali filtri necessitiamo per effettuare le nostre riprese? Sostanzialmente di uno in particolare, un filtro IR-Cut, ovvero un filtro in grado di bloccare la componente infrarossa della luce in entrata.
Non dimentichiamoci difatti che gli obiettivi che equipaggiano di serie le webcam sono già dotati di un filtro taglia IR, proprio perchè i sensori che vengono utilizzati presentano una certa sensibilità anche verso lo spettro delle radiazioni infrarosse.
Sia ben inteso che tale filtro non è assolutamente essenziale per iniziare ad effettuare riprese, ma conviene munirsi di esso visto che aiuta ad ottenere immagini a colori di buona qualità.
La presenza di un filtro inoltre rende "ermetico" il raccordo, evitando che col tempo si depositino sul sensore polvere e sporcizia.

Tipico spettro di assorbimento di un filtro IR-CUT.


Tutte le frequenze sopra i 700 nanometri (fino a 1200 circa) vengono assorbite dal filtro.
Voglio far notare che il filtro IR-CUT trova molta utilità quando andiamo ad utilizzare degli strumenti a lenti per le nostre riprese.
Questo perchè i rifrattori comuni soffrono di aberrazione cromatica più o meno accentuata, e questo comporterebbe l'ottenimento di una immagine nella quale siano praticamente a fuoco le frequenze del visibile ma non altrettanto quelle dell' IR, con l'ottenimento di un alone diffuso e sfuocato. Per gli strumenti a specchi, che non soffrono di aberrazione cromatica, il vantaggio dell'uso di un filtro taglia-infrarosso è molto meno evidente. (alcune fonti affermano che sia nullo).




Il sistema webcam + raccordo + filtro completamente assemblato e pronto per l'utilizzo




Tecniche di ripresa
La webcam, così opportunamente modificata è pronta per effettuare riprese dei soggetti del sistema solare.In che modo possiamo operare? Ecco i metodi che possono essere utilizzati:

1 - Fuoco diretto: con questa tecnica la webcam viene utilizzata al posto dell'oculare, collegandola direttamente alla cella portaoculari dello strumento. Il problema principale in questo caso risiede nel fatto che la focale equivalente sarà quella del telescopio che andiamo ad utilizzare, ne conseguiranno ingrandimenti un po' troppo bassi per fornire immagini planetarie di un certo interesse. E' nostra necessità quindi ricorrere a dei metodi per aumentare la focale equivalente

2 - Utilizzare un duplicatore di focale: ovvero una lente di barlow, che sarà in grado di duplicare, triplicare o moltiplicare a seconda del modello la focale dello strumento che stiamo utilizzando. Inutile dire che in questo modo stiamo introducendo sul cammino ottico delle lenti aggiuntive, indi per cui sarebbe opportuno utilizzare una lente di barlow di ottima qualità.

3 - Metodo in proiezione all'oculare: mediante l'utilizzo di un apposito raccordo chiamato "Tele-extender" è possibile anteporre alla webcam un oculare a nostra scelta. Questo è un metodo che ci permettere di raggiungere focali equivalenti davvero elevate, quindi ingrandimenti davvero interessanti. Anche in questo caso bisogna prestare attenzione alla qualità degli accessori ottici che andremo ad utilizzare.

Siamo arrivati dunque alla fase di cattura vera e propria del filmato astronomico.
Saranno principalmente due i problemi che si presenteranno all'inizio.
Il primo è il raggiungimento del fuoco esatto.Il secondo problema principale è riuscire ad inquadrare il soggetto: questa è una operazione resa difficoltosa dalle scarse dimensioni del sensore CCD della nostra webcam. Con un po' di pratica e di pazienza risolveremo anche questo problema
Prima di catturare il filmato però dobbiamo lavorare sui parametri che regolano la ripresa: velocità dell'otturatore, guadagno, luminosità, contrasto, saturazione (parametro molto importante), etc etc.. tutti parametri che dovrete impostare a mano fino al raggiungimento della migliore configurazione. Inutile dire che questo corrisponde ad avere sul video una immagine il più possibile dettagliata del soggetto che intendiamo riprendere.Prestate molta attenzione alla frequenza di ripresa, ovvero ai fotogrammi per secondo che la camera andrà a catturare: minore sarà il frame rate (esempio 5 frames per secondo) e maggiore sarà la qualità dei fotogrammi! Ovviamente bisogna trovare un giusto compromesso tra qualità e numero di fotogrammi totali, si consiglia sempre comunque di non superare i 15 fotogrammi al secondo. Un ottimo compromesso sono 10 fps.

Discorso a parte per quanto riguarda i tempi di ripresa.
Se su luna e sole possiamo utilizzare tempi di ripresa relativamente molto lunghi (tranne che per riprese in h-alfa del Sole), non si può dire lo stesso per quanto riguarda la cattura di filmati dei più vicini giganti gassosi del nostro sistema solare, ovvero Saturno e Giove.
Esistono dei tempi di ripresa massimi determinati dal fatto che tali pianeti ruotano lentamente anche su se stessi, ne consegue che la loro immagine cambia abbastanza rapidamente nel corso di alcuni minuti; tali tempi variano anche in funzione della focale equivalente della nostra strumentazione, quindi dagli ingrandimenti che stiamo utilizzando.Per uno strumento di 150 mm di diametro generalmente conviene non superare i tre minuti di ripresa su Giove, su Saturno possiamo spingerci anche a 7 minuti, per Marte anche 14 minuti, Venere 24 minuti. Non ci sono particolari limitazioni per Urano e Nettuno, visto che non presentano quasi alcun dettaglio apprezzabile.
Consiglio di non scendere sotto i 100: maggiore è il numero di fotogrammi dei quali disponete e maggiore sarà il numero di buoni fotogrammi utilizzabili.
Programmi di acquisizione
Per caturare il filmato astronomico è necessario utilizzare dei programmi specifici di acquisizione. Molto usati e apprezzati sono K3ccdTools e VirtualDub.
Sono programmi gratuiti, che potrete trovare molto facilmente in rete mediante una semplice ricerca con un qualsiasi, appunto, motore di ricerca.
Salvate il filmato catturato sul vostro hard disk in formato .avi e sarete pronti per la successiva fase:


Elaborazione delle riprese
Questa è la parte probabilmente più divertente di tutta l'operazione.
E' la fase nella quale fotogrammi dalla mediocre qualità si trasformano assieme per darci una nuova immagine dalla qualità sorprendente, se rapportata al metodo che abbiamo utilizzato.

Un esempio di elaborazione


Come potete vedere dall'esempio, da una ripresa video che mostra scarsi dettagli è possibile ottenere un risultato interessante, a volte davvero più che interessante.
Tutto dipende dalle condizioni nelle quali viene effettuata la ripresa, condizioni che vanno inevitabilmente ad influire sulla qualità dei fotogrammi catturati.
Il processo di "sommatoria" dei frames viene effettuato in automatico da alcuni programmi specifici, i più famosi sono Iris e Registax .
Il secondo programma risulta molto più facile da utilizzare quando si è agli inizi, mentre Iris è più complesso, anche se fornisce risultati di poco superiori.
Questi programmi lavorano selezionando i fotogrammi che presentano la qualità migliore, e quindi mediando gli stessi assieme per ottenere l'immagine finale.
Per ottenere dei buoni risultati spesso bisogna anche ricorrere a dei ritocchi da applicare manualmente, con programmi specifici (ad esempio Astroart,Iris,Photoshop)



Telescopio MEADE Schmidt - Cassegrain 8" F2000 f/10
Proiezione oculare, focale complessiva circa 8000 mm (f/40)
Philips Toucam II PRO 15fps
Elaborazione: Iris - 800frames su 1200
Autore: PROXIMO/Michele Raffaeta

FILTRO IR-CUT PER FOTOCAMERE CANON DSLR

Se possedete una reflex digitale Canon e volete trasformarla in una camera ottimale per l'astrofotografia, la Baader Planetarium offre i nuovi filtri rettangolari ottimizzati per la massima trasmissione della lunghezza d'onda H-Alfa creati per le fotocamere Canon EOS DSLR .
Questi filtri sostituiscono il filtro originale Canon, posizionato davanti al sensore, che taglia le radiazioni del vicino IR e svolge anche la funzione di filtro Antialiasing.I filtri, disponibili in 3 modelli, sono compatibili con le Canon EOS 300D - EOS 350D e 10D, 20D e 5D.



La reflex digitale Canon EOS 300D con il filtro Baader IR-Cut ottimizzato ed a fianco il filtro originale Canon





Sopra: i tre filtri ACF I, II e III per Canon, ottimizzati per la fotografia astronomica

I nuovi filtri Baader presentano inoltre una maggiore trasparenza ottica e una migliore nitidezza perché il filtro originale Canon è composto da tre strati cementati - due lastrine di vetro con al centro un foglio di materiale dotato di proprietà Antialiasing, che è indispensabile per la fotografia diurna, perchè elimina l'effetto Moirè (che si verifica con tutti i sensori CCD o CMOS a colori con matrice di filtri Bayer, esclusi i sensori di tipo Foveon) ma che è del tutto inutile ed anzi dannoso per la ripresa di soggetti astronomici. Quindi il filtro Baader, composto da una sola lastrina di vetro ottico, offre immagini astronomiche più nitide e contrastate.

Oltre a questo il filtro correttivo ACF Baader taglia anche le radiazioni UV e IR in modo più "netto" e quindi la sua efficienza luminosa è maggiore in un più grande range di radiazioni visibili, e quindi si ottiene una maggiore sensibilità effettiva della fotocamera


Curva di trasmissione dei nuovi filtro Baader ACF DSLR


Confronto tra le curve di trasmissione del filtro Baader IR-Cut e il nuovo filtro ACF


Confronto tra le curve di trasmissione del filtro BaaderACF e il filtro originale della Canon 400D

La sostituzione del filtro originale con il filtro Baader, pur aumentando di molte volte la sensibilità alla luce h-alfa - non comporterà la rinuncia alla normale fotografia diurna perché i nuovi modelli di filtro IR-Cut permetterà di ottenere immagini cromaticamente bilanciate in modo corretto.
La ditta Baader ha deciso di fornire i filtri correttivi Baader DSLR in tre differenti dimensioni per renderli adatti a (quasi) tutti i modelli Canon EOS digitali, escluso il modello 400D perché questa è dotata, sul telaio in cui è installato il filtro, di un dispositivo piezoelettrico, progettato per vibrare a frequenze ultrasoniche per rimuovere la polvere, ma che complica moltissimo l'operazione di sostituzione del filtro ACF. La ditta Baader ha deciso di adottare come dimensioni standard quelle del filtro della Canon EOS 300D, in quanto questa camera è particolarmente adatta alla sostituzione del filtro in quanto molto economica, molto diffusa e molto facile da reperire sul mercato dell'usato a prezzi convenienti.
Il filtro correttivo destinato alla Canon 350D e 20D può essere adattato anche ai modelli EOS 30D e 10D.
Le camere di marca o formato differente - e/o le camere con formato 1,3x non sono compatibili con questo filtro, a causa delle sue dimensioni troppo ridotte.

Chi possiede queste camere può però utilizzare il filtro Baader UV-IR Cut 2" per effettuare il taglio dell'IR.

Il nuovo filtro Baader di conversione ACF per camere Canon EOS DSRL è stato prodotto con un blocco molto stretto delle parti blu e rosse dello spettro e pertanto si ottiene un bilanciamento del bianco che consente l'uso della camera per la fotografia diurna nonostante una trasmissione della banda H-alfa sostanzialmente migliore.
Il filtro correttivo Baader ACF rappresenta quindi la scelta ottimale per la fotografia astronomica, con la massima sensibilità nella banda H-Alfa, massima efficienza quantica e massima trasparenza e nitidezza.


Nuovi modelli di filtri disponibili per Canon EOS DSLR


Canon.....................Codice............................Prezzo
EOS 300D..............BP2459211 .......................EUR 79, 00
EOS 350D/20D........BP2459212 .......................EUR 89, 00
EOS 5D.................BP2459214 .......................EUR 99, 00


Chi desidera far eseguire a regola d'arte la sostituzione del filtro nella propria camera Canon DSLR può di rivolgersi direttamente al laboratorio di Firenze, specializzato in questo intervento: Ditta SISMEC (chiedere del Sig. Mauro Meco) tel. 055 611411. -

E-mail: astroassi@tin.it
I costi e i tempi dell'intervento vanno concordati direttamente con la ditta che eseguirà l'implementazione
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10 giugno 2007

L' OTTICA DEI TELESCOPI

Il fatto che i telescopi non sono tutti uguali credo sia oramai assodato, anche da parte dei neofiti; ma come differiscono i vari tipi di telescopio? Per quale tipo di osservazione sono indicati?
Quali possono essere le limitazioni del caso? Vediamo di fare un po di luce.
La prima classificazione che possiamo fare è la seguente: rifrattore o riflettore, ovvero lenti o specchi?

I rifrattori
Il rifrattore è stato il primo tipo di telescopio ad essere inventato dal genere umano e risale ufficialmente a Galileo Galilei (in realtà egli modificò uno strumento già esistente); il telescopio di Galileo si avvaleva di una lente piano convessa come obiettivo.




Attualmente il mercato offre 2 tipologie di rifrattori: gli acromatici e gli apocromatici.

Il rifrattore acromatico
L'ottica del rifrattore acromatico è formata sostanzialmente da 2 lenti differenti per curvatura e materiale (si usano i vetri Flint e Crown, caratterizzati da differente indice di rifrazione); la ragione dell'impiego di questa combinazione ottica è la necessità dell'abbattimento dello spettro secondario. E' noto infatti che una lente singola fuocheggia a distanze differenti le lunghezze d'onda blu e rossa; questo fenomeno viene fortemente ridotto con l'utilizzo di un obiettivo acromatico, sino quasi a sparire del tutto qualora il rapporto di apertura sia uguale o superiore a f/15. Lungo il cammino ottico sono distribuiti sulla parete interna del tubo una serie di diaframmi a lama di rasoio, al fine di incrementare il contrasto delle immagini.




Siffatti telescopi sono ottimi per le osservazioni di tutti gli oggetti del Sistema Solare (Sole, Luna, Pianeti) nonchè per la separazione di stelle doppie.
Tuttavia sono assai penalizzati per via dell'ingombro, dell'apertura modesta (i costi di obiettivi acromatici di qualità sono molto elevati) e del rapporto di apertura molto spinto che ne preclude la fotografia di oggetti estesi.
Recentemente è apparsa sul mercato una nuova generazione di rifrattori a corto fuoco (f/5...f/8) e di ragguardevole apertura (100...150mm) che li rende adattissimi all'osservazione visuale di oggetti del fondo cielo, a scapito però delle osservazione lunare e planetaria per via della troppo appariscente aberrazione cromatica.

Il rifrattore apocromatico
L'ottica del rifrattore apocromatico è formata sostanzialmente da 2 lenti differenti per curvatura e materiale; una lente del doppietto è spesso realizzata usando un vetro a bassa dispersione. Alcuni obiettivi apocromatici utilizzano addirittura 3 o più lenti.
L'ottica apocromatica si distingue da quella acromatica perchè garantisce la fuocheggiatura dei 3 colori fondamentali (rosso, verde e blu) sullo stesso piano focale (o comunque la differenza è minima) assicurando l'assenza di aberrazione cromatica e offrendo quindi una grande fedeltà cromatica degli oggetti osservati. Spesso le ottiche apocromatiche hanno schemi detti aplanatici, cioè privi di aberrazione sferica.
Lungo il cammino ottico sono distribuiti sulla parete interna del tubo una serie di diaframmi a lama di rasoio, al fine di incrementare il contrasto delle immagini.



I telescopi apocromatici sono generalmente adatti all'osservazione di tutti gli oggetti celesti offrendo immagini sia visuali che fotografiche di altissima qualità; essi sono limitati solo dall'apertura, spesso modesta (i costi sono MOLTO elevati) . Inoltre ne esiste una categoria più adatta per la fotografia di oggetti estesi con proprietà di astrografi. Gli apocromatici - astrografi si distinguono dai comuni apocromatici per il rapporto di apertura più forzato (f/4...6 anzichè f/7...10) e per la presenza di un gruppo spianatore di campo (formato da una o più lenti) lungo il cammino ottico che può garantire campo piano anche sufficiente a coprire il grande formato fotografico (6x6cm).


I riflettori
I telescopi riflettori sfruttano principalmente le proprietà di focalizzazione della luce ad opera di uno specchio concavo.
Il primo telescopio riflettore ad essere inventato prende il nome dallo scienziato inglese I. Newton, ossia telescopio Newtoniano.
Esistono tuttavia diverse interpretazioni di schemi riflettori come il Cassegrain, il Nasmyth, il Coudè senonchè altri schemi ottici denominati catadiottrici, che utilizzano lungo il cammino ottico sia specchi che elementi a rifrazione.

Il riflettore Newton

I riflettori Newton si avvalgono principalmente di uno specchio primario concavo che concentra in fascio ottico in avanti; poco prima del fuoco vi è posto un secondo specchio (piano), inclinato di 45 gradi che devia il fascio ottico a lato del tubo di supporto dove vi è messo il fuocheggiatore.
Al fine di scongiurare la presenza di aberrazione sferica è necessario che la curvatura dello specchio primario abbia sezione parabolica e non sferica.



Lo specchietto secondario è mantenuto lungo il fascio ottico da una struttura a raggi denominata in gergo "crociera" o "spider" (ragno) il quale deve essere il meno intrusivo possibile per non causare luci diffuse.
Il pregio più grande del telescopio Newton è la semplicità costruttiva che ha contribuito moltissimo sia alla sua diffusione che alla realizzazione di diametri molto grandi anche per strumenti amatoriali. Il telescopi Newton sono adatti a qualsiasi tipo di osservazione, la loro "inclinazione" verso una categoria di oggetti a scapito di altre dipende dal rapporto di apertura che se spinto (f/7 e oltre) li rende eccellenti per osservazioni di oggetti del Sistema Solare per via della bassa ostruzione (causata dallo specchio secondario) mentre se forzato (f/4...6) li rende praticissimi per la fotografia di oggetti del cielo profondo.
Il principale difetto dei telescopi Newton è la presenza di coma (un'aberrazione extra-assiale), che può raggiungere livelli fastidiosi in esemplari a corto fuoco (tuttavia in parte rimediabile con l'adozione di un gruppo di lenti correttrici lungo il cammino ottico), oltre che l'ingombro degli esemplari di rilevante apertura. Da non sottovalutare l'effetto negativo dei moti convettivi dovuti al tubo aperto che possono causare un lieve decadimento qualitativo dell'immagine.

Il riflettore Cassegrain
Il riflettore Cassegrain si avvale analogamente al Newton di uno specchio primario concavo che concentra in fascio ottico in avanti; poco prima del fuoco vi è posto un secondo specchio convesso che moltiplica e rimanda il fuoco indietro verso lo specchio primario nel cui centro è ricavato un foro atto a permettere il passaggio del fascio ottico; il fuocheggiatore è posizionato posteriormente al tubo ottico, come nel caso dei rifrattori.
Al fine di scongiurare la presenza di aberrazione sferica è necessario che la curvatura dello specchio primario abbia sezione parabolica mentre il secondario convesso è - nella configurazione Cassegrain classica - di sezione iperbolica.
Rispetto al Newton il riflettore Cassegrain permette di ottenere un telescopio di focale lunghissima (generalmente questo tipo di strumenti ha un'apertura di f/15 e oltre) pur mantenendo un aspetto compatto.



Come nel caso del Newton, lo specchietto secondario è mantenuto al centro dell'asse ottico da una struttura a raggi denominata in gergo "crociera" o "spider" (ragno) il quale deve essere il meno intrusivo possibile per non causare luci diffuse.
Il Cassegrain classico è uno strumento adatto all'osservazione ad alta risoluzione di Luna e pianeti, nonchè per la separazione di stelle doppie mentre - a causa della focale lunghissima - è deficitario nelle osservazioni (e soprattutto alla fotografia) di oggetti del profondo cielo. Il coma al bordo può raggiungere livelli fastidiosi.
Tuttavia sono presenti diverse varianti come il Dall-Kirkham (specchio primario iperbolico e specchio secondario sferico) permette di ottenere uno strumento con rapporti di apertura f/11...13 (più adatti ad un uso universale) oppure il Ritchey-Chretien (entrambi gli specchi a lavorazione iperbolica) che sfoggia un campo corretto molto ampio che lo rende adattissimo alla fotografia al fuoco diretto.
Altre varianti su base Cassegrain sono il Nasmyth, che si avvale di un terzo specchio piano che devia il fascio ottico a lato del tubo analogamente al Newton, e il Coudè che è in pratica un Nasmyth con un ulteriore specchio piano situato nell'asse polare della montatura tedesca o inglese, che consente all'osservatore di osservare sempre dal medesimo punto indipendentemente dalla posizione del telescopio.

Il catadiottrico Schmidt-Cassegrain
E' un variante del Cassegrain; la sezione di entrambi gli specchi è sferica mentre all'inizio del cammino ottico vi si trova una lastra correttrice a superficie asferica, la cui funzione è introdurre una quota di aberrazione sferica uguale alla stessa prodotta dall'ottica a riflessione ma di segno algebricamente opposto.




Nei modelli commerciali la messa a fuoco viene ottenuta tramite lo spostamento assiale dello specchio primario.
I punti di forza di questi strumenti sono la compattezza (a vantaggio della montatura e della trasportabilità), il tubo chiuso che riduce le turbolenze interne e la praticità d'uso dell'ottica (f/10 oppure f/6,3 a seconda dei modelli) che rende questo catadiottrico adatto ad ogni genere di osservazioni pur senza eccellere in nessuno dei campi.
Il principale difetto è rappresentato dalla notevole ostruzione causata dallo specchio secondario e dal relativo paraluce, la quale è direttamente responsabile di una certa perdita di contrasto dei dettagli più fini. Inoltre la correzione dell'aberrazione sferica - pur soddisfacente - difficilmente raggiunge la perfezione.


Il catadiottrico Maksutov-Cassegrain
E' anch'essa una variante del Cassegrain; la sezione di entrambi gli specchi è sferica mentre all'inizio del cammino ottico vi si trova un correttore a menisco con entrambe le superfici sferiche, la cui funzione è introdurre una quota di aberrazione sferica uguale alla stessa prodotta dall'ottica a riflessione ma di segno algebricamente opposto.





Nel Maksutov-Cassegrain classico (configurazione Gregory) lo specchio secondario è ottenuto alluminando la porzione centrale interna del menisco correttore; questo stratagemma riduce di molto l'ostruzione centrale e semplifica sia l'ottica che la meccanica (non è presente lo specchio secondario ne tantomeno un suo supporto) a tutto vantaggio di un migliore contrasto. Il rovescio della megaglia è però l'esigenza sul piano ottico della presenza di una lunga focale (f/13 e oltre) poichè la curvatura del menisco impone un forte potere moltiplicatore al secondario.
Nella configurazione Ru-Mak è invece presente uno specchio secondario con relativo supporto (come negli Schmidt-Cassegrain) permettendo di ottenere rapporti di apertura maggiormente universali (f/10...12)
I punti di forza di questi strumenti sono la compattezza (a vantaggio della montatura e della trasportabilità), il tubo chiuso che riduce le turbolenze interne e l'aplanaticità che scongiura la presenza di aberrazione sferica.
Un problema di queste ottiche può essere rappresentato da un lungo periodo di acclimatamento termico dovuto principalmente allo spessore del menisco; spesso i costruttori fanno uso di ventilatori per velocizzare gli scambi di temperatura.
In sostanza questi strumenti sono molto validi per le osservazioni degli oggetti del Sistema Solare, la separazione di stelle doppie e anche saltuariamente oggetti del fondo cielo; per contro hanno spesso un campo corretto molto piccolo che può penalizzarne l'uso fotografico.
Tuttavia il Maksutov-Cassegrain nelle varianti Sigler e SiMak è ottimizzato per la fotografia a fuoco diretto.

Il catadiottrico Maksutov-Newton
Nel catadiottrico Maksutov-Newton la disposizione degli specchi è assolutamente analoga al classico Newton ma con lo specchio primario a sezione sferica; al principio del cammino ottico vi è un correttore a menisco con entrambe le superfici sferiche, la cui funzione è introdurre una quota di aberrazione sferica uguale alla stessa prodotta dall'ottica a riflessione ma di segno algebricamente opposto.



I punti di forza di questi strumenti sono la ridottissima ostruzione, il tubo chiuso che riduce le turbolenze interne e l'aplanaticità che scongiura la presenza di aberrazione sferica. Per contro ci si può trovare a che fare con ingombri considerevoli anche in presenza di strumenti de medio diametro.
Un problema di queste ottiche può essere rappresentato da un lungo periodo di acclimatamento termico dovuto principalmente allo spessore del menisco; spesso i costruttori fanno uso di ventilatori per velocizzare gli scambi di temperatura.
In sostanza questi strumenti sono validissimi per le osservazioni degli oggetti del Sistema Solare tanto che come contrasto rivaleggiano con i costosissimi rifrattori apocromatici, la separazione di stelle doppie e anche saltuariamente oggetti del fondo cielo; per contro hanno un campo corretto illuminato molto piccolo (dovuto principalmente alle ridotte dimensioni dello specchietto secondario) che può penalizzarne l'uso fotografico.

FOTOCOMPOSITAZIONE DI IMMAGINI

L'enorme differenza di luminosità che riscontriamo fra gli oggetti del cielo ci crea spesso molti problemi per poter effettuare con successo le nostre astrofotografie.
Molte galassie hanno un nucleo molto brillante ma i bracci esterni sono deboli e si perdono nel fondocielo, se l'esposizione è breve per non "bruciare" il nucleo non li rileveremo, nel caso opposto avremo il nucleo saturato mentre i bracci saranno rilevabili.
Stesso discorso si può fare per molte nebulose che hanno zone di brillanza (magnitudine integrata per unità di superficie) elevata e zone di brillanza molto più bassa.
Un esempio su tutte, per gli osservatori invernali, è la nebulosa di Orione, la famosa M42.
Già con i primi scatti ci si rende conto come sia difficile riprendere contemporaneamente la zona centrale del "trapezio" e le "ali" intermedie, senza contare che vi sono nebulosità che arrivano fin oltre Iota Orionis a sud (nebulosa NGC 1980) e 42 Orionis (nebulosa NGC 1977 "The running man").
L'unica soluzione possibile è la compositazione di immagini a diversa esposizione.
Il primo lavoro che deve fare un astrofotografo è di mettersi al tavolino e pianificare con accuratezza la serie di esposizioni da effettuare, cercando di informarsi con la massima precisione possibile sulle caratteristiche dell'oggetto, in base alle condizioni del cielo sotto cui opererà, alla strumentazione ottica e meccanica in suo possesso e alla strumentazione di ripresa e di guida.
E' inutile programmare esposizioni di 20 minuti a F/4 con una digitale a 800 ISO se si riprende dal centro di una metropoli illuminata, senza alcun filtro e magari con un allineamento polare non accurato .
Avremo lavorato inutilmente.
Per realizzare la mia fotografia di M42 che qui potete vedere




avevo a disposizione un cielo che difficilmente scende sotto magnitudine 6 e che a volte la supera abbondantemente , un telescopio Newton 8" con una focale di 800 mm a F/4 (precisa per riprendere in un solo scatto tutta la "spada" di Orione, evitando così anche il problema del mosaico; la montatura era una robusta e affidabile Losmandy , come strumento guida è stato utilizzato un rifrattore da 800mm di focale montato in parallelo.
Per la ripresa è stata utilizzata una Canon EOS300D modificata con filtro Baader per aumentare la resa nella parte bassa dello spettro.
Questo setup garantiva riprese di una decina di minuti in assenza di vento (anche più lunghe ma il sensore CMOS avrebbe introdotto troppo rumore).

A questo punto si trattava di decidere quante foto scattare e quali esposizioni effettuare per avere le componenti più luminose della nebulosa esposte correttamente.
Sulla base della mia esperienza personale e di alcune prove ho optato per queste esposizioni (in considerazione del fatto che la luminosità della parte centrale varia moltissimo in una zona ristretta):

a) 5 secondi a 100 ISO
b) 10 secondi a 100 ISO
c) 15 secondi a 100 ISO
d) 15 secondi a 200 ISO
e) 15 secondi a 400 ISO
f) 40 secondi a 400 ISO
g) 120 secondi a 400 ISO
h) 240 secondi a 400 ISO
i) 600 secondi a 400 ISO


Come si può notare l'esposizione dell'ultima ripresa sarebbe stata 480 volte più lunga della prima, in considerazione del maggior guadagno in ISO.
Altro fattore da tenere presente: le esposizioni multiple.

Il singolo scatto è sempre affetto da un certo rumore dovuto all'elettronica della macchina fotografica, a possibili raggi cosmici, a un'interferenza dovuta al passaggio di un satellite o di un aereo.
Inoltre per elaborare al meglio il rapporto segnale rumore deve essere il migliore possibile. Si rendeva necessario perciò programmare non singoli scatti ma serie intere di fotografie per ogni tipo di esposizione.
Le prime sequenza, quelle più brevi, non richiedono particolari accorgimenti in quanto il rischio di mosso, il rumore elettronico, i rischi di interferenze esterne, sono molto ridotti. Inoltre non costa una perdita di molto tempo per cui anche qualche posa non perfettamente riuscita può tranquillamente essere messa in conto.
L'importante, come deve essere fatto per qualsiasi altra fotografia, è investire il tempo necessario per una messa a fuoco la più accurata possibile. Se non siamo convinti si ricomincia da capo.
Diverso è il caso per le pose più lunghe, quelle da 40 secondi in più; in questo caso deve essere curata anche l'esatta messa in postazione della montatura, la guida, la presenza o meno di fonti di illuminazione come la Luna (oltre all'inquinamento luminoso umano).
Non è consigliabile fare queste riprese da casa(a meno che non si abiti in una zona eccezionalmente buia), ma dalla montagna; è necessario aspettare i periodi nei quali la Luna sia favorevole (intorno alla Luna nuova) e sperare nel meteo, cosa difficile nel mese di invernali.
Il programma prevedeva almeno 20 pose per ogni serie da 40 secondi in sù in modo da migliorare di un fattore maggiore di 4 il rapporto segnale/rumore.
Questo rapporto, infatti, si incrementa in funzione della radice quadrata delle pose sommate.
Per prima cosa ho convertito le immagini (riprese tassativamente in raw) in tiff a 16 bit mediante Photoshop CS2 che ha una funzione di conversione. Ho regolato il bilanciamento dei colori in modo che le tre curve che apparivano sull'istogramma fossero più o meno coincidenti, aumentando leggermente il gamma, se necessario e disinserendo tutte le altre correzioni.A questo punto le varie serie sono state allineate e mediate fra loro (io ho usato il programma Registar della Auriga Imaging )
Ho avuto così a disposizione 9 immagini che erano il risultato delle varie sequenze programmate.A ogni sequenza ho dato prima una lettera dell'alfabeto come distinzione e in seguito mi riferirò sempre con queste lettere dell'alfabeto per riferirmi all'immagine risultante da quella sequenza.
A questo punto basterà semplicemente ridurre i vari layers a un unico livello e processare l'immagine così ottenuta.Con un po' di pazienza e con l'uso della regolazione dei livelli, dei vari filtri come maschere sfocate, passa basso e altri è possibile ottenere un risultato finale piacevole e che permette di vedere tutte le varie parti della nebulosa.

Queste righe non sono l'unico metodo per compositare immagini con livelli di segnale così diversi ma è solo uno fra i tanti. E' solo il metodo che uso io ma che non ho inventato. E' stato lo scambio di informazioni con altri astrofotografi che mi ha portato ad affinarlo, secondo le mie personali esigenze.

La costellazione del mese : ERCOLE

In questo periodo,intorno alla mezzanotte, allo zenit troviamo la costellazione di Ercole (Hercules),famosa costellazione che rappresenta il grande eroe mitologico .




Anticamente rappresentata con un uomo inginocchiato su un drago celeste; altre leggende lo identificano come super uomo sumero, Gilgamesh.
Questa costellazione è molto interessante in quanto contiene parecchi oggetti celesti notevoli.


Le stelle principali




alfa Herculis (Ras Algethi) distante 540 a.l., è una supergigante rossa con un diametro circa 600 volte quello del Sole, che ne fa una delle più grandi stelle conosciute. Come la maggior parte delle giganti rosse, è una variabile irregolare, fluttuante tra la 3^; e la 4^ magnitudine.
In realtà è una stella doppia, con una compagna verde-azzurra di mag. 5.4, visibile con un piccolo telescopio.




beta Herculis mag. 2.8, è una gigante gialla distante 100 a.l.

gamma Herculis mag. 3.8, è una stella bianca distante 140 a.1., con una compagna larga di 10^ magnitudine visibile con un piccolo telescopio.

delta Herculis mag. 3.1, è una stella bianca distante 91 a.l. Con un piccolo telescopio si può vedere accanto ad essa una stella di mag. 8.8 con cui non ha però alcun legame fisico.

zeta Herculis, distante 31 a.l., è una stella gialla di mag. 3.1, con una compagna stretta rossa di mag. 5.6 che le ruota intorno con un periodo orbitale di 34 anni.
Le due stelle hanno raggiunto la massima distanza reciproca verso la fine del 1990, ma anche allora per separarle era necessaria un’apertura di 100 mm.

kappa Herculis distante 280 a.l., è una gigante gialla di mag. 5.0, con una compagna di mag. 6.3 facilmente visibile con un piccolo telescopio.

rho Herculis distante 170 a.l., è una stella bianco-azzurra di mag. 4.5, con una compagna di mag. 5.5 visibile con un piccolo telescopio.

95 Herculis , distante 470 a.l., è uno doppia visibile con un piccolo telescopio, con componenti di mag. 5.2 e 5.1, di colore oro e argento.




Oggetti del profondo cielo


M 13 (NGC 6205) è un famosissimo ammasso globulare composto da almeno 300 000 stelle, il più luminoso del suo tipo nell’emisfero boreale.
É visibile a occhio nudo ed è inconfondibile se osservato con un binocolo. L’ammasso si trova a una distanza di 22500 a.l., e ha un diametro di almeno 100 a.l.
Con un piccolo telescopio è possibile risolverne singole stelle.




Per fotografarlo è consigliabile utilizzare strumenti con focale di almeno 1200-2000mm
In analogico: almeno 30 min di posa su una pellicola da 400ISO
Digitale : integrazioni multiple intorno ai 5 min a 400 ISO






Telescopio Newton 10" f4,8 = 1220mm
Camera: Canon EOS 300D
Integrazioni : 1 x 60 sec. , 1 x 120 sec. , 1 x 180 sec. a ISO400
Autore: Rochus Hess


M 92 (NGC 6341) distante 36,000 a.l., è un ammasso globulare solo di poco inferiore rispetto al suo famoso vicino, M 13, che lo sopravanza per splendore.
M 92 è facilmente visibile con un binocolo. É più denso al centro di M 13 e per risolverne le stelle è necessario un telescopio più grande.




Per fotografarlo vale quanto detto per M13




Telescopio SC 11" f6,3 = 1760mm
Camera: CCD SBIG ST-8XE
Autore: Mike Squicciarini









IL CIELO DI GIUGNO

Proiezione del cielo estivo al 15 Giugno ore 23:30 TL
Centrato alla latitudine 43° 57' N ; longitudine 10° 13' E (Pietrasanta-LUCCA)


NORD




EST




SUD



OVEST


LA FOTOGRAFIA ASTRONOMICA di PROXIMO

Le prime cose che dobbiamo considerare quando decidiamo di fare fotografia astronomica sono principalmente 2 :
-La debole intensità luminosa che proviene dal cielo
-Il moto apparente delle stelle sulla volta celeste
Questi sono , infatti , due ostacoli che ci accompagneranno per tutto il nostro viaggio di astro-fotografi fino a diventare parte di noi stessi.

Quanto segue è riferito sia alla fotografia con reflex tradizionali sia a quella con reflex digitali.

Per cominciare a fare fotografie astronomiche non è necessario avere un'attrezzatura particolare, anzi, non è necessario avere neanche un telescopio.
Servono: una macchina fotografica reflex (SLR o DSLR ) un buon cavalletto, una pellicola ad elevata sensibilità (almeno 400 ISO), uno scatto flessibile e un obiettivo luminoso.
Dopo aver trovato un posto abbastanza buio e avere posizionato la macchina fotografica sul cavalletto e innestato lo scatto flessibile (o relativo dispositivo per le DSLR), siamo pronti per la prima fotografia al cielo stellato.
Per cominciare conviene cimentarsi sulle costellazioni, in quanto quasi tutte sono fotografabili con un obiettivo "normale"di 50 mm di focale (35mm nelle DSLR). Sono vivamente sconsigliati gli obbiettivi zoom in quanto sono meno luminosi e offrono una qualità ottica inferiore a un obbiettivo a focale fissa.
Il tempo di esposizione varia in funzione della focale dell'obiettivo e della posizione della costellazione nel cielo. Infatti con un obbiettivo da 50 mm potremo esporre per circa 40 secondi le costellazioni molto vicine alla polare, mentre il tempo di esposizione per le costellazioni in prossimità dell'equatore celeste, non potrà essere superiore ai 15 secondi.





ORIONE - cintura e spada -
CANON EOS 350D +50mm f/1.8 (+2 stop) : 15 sec di posa a 400ISO
Su cavalletto senza inseguimento

Se utilizzassimo tempi di esposizione maggiori non avremmo un guadagno in quanto il moto di rotazione terrestre comincerebbe a far apparire le stelle come piccole strisce e la luce si disperderebbe su una superficie di pellicola più ampia, senza saturare gli alogenuri che la compongono (o i pixel del sensore ,ovviamente).
Poiché i tempi di esposizione con questa tecnica sono molto brevi è consigliabile utilizzare un diaframma abbastanza aperto e utilizzare una pellicola sensibile;
in questo modo potremo "catturare" più stelle senza avere un mosso apprezzabile sulla fotografia.
Questa tecnica può essere utilizzata anche per la fotografia di meteore o di campi stellari .





Il classico dei classici : Tracce Stellari
Nikon FM2 +50mm f/1,8 chiuso a f/8 : 1 ora di posa (400 ISO)
Su cavalletto senza inseguimento


Logicamente dopo i primi tentativi riusciti sorge il desiderio di fare un salto di qualità.
Le riviste astronomiche e i libri pullulano di stupende foto fatte da astrofili e la tentazione di arrivare subito a quei risultati è grande.
Non dobbiamo però farci prendere dalla frenesia,ci vuole un pò di esperienza sotto il cielo per ottenere buoni risultati e nella fotografia astronomica non esiste un "punto di arrivo".
Ogni volta che si fotografa un nuovo oggetto viene voglia di cimentarsi su un altro e così via, magari acquisendo nuove tecniche grazie al contributo di altri astro- fotografi
Il passo successivo consiste nel riuscire a incrementare il tempo di esposizione ,riuscendo però a mantenere le stelle puntiformi sulla pellicola o il sensore .
Per ottenere questo risultato è necessario compensare il moto di rotazione della Terra (che è di circa 23h 56m rispetto alle stelle).
A questo punto si rende necessario incrementare la nostra dotazione strumentale.
Possiamo usare un astro-inseguitore (cioè una piccola montatura equatoriale che, una volta ben stazionata, compensa il moto di rotazione terrestre..se ne trovano di buoni dai 700 euro in sù )


oppure possiamo utilizzare un telescopio come supporto della macchina fotografica e questo ultimo metodo è definito astro-fotografia in parallelo .
Nel primo caso sarà necessario utilizzare un motore che permetta all'astro-inseguitore di compensare automaticamente la rotazione apparente della volta celeste, mentre nel secondo caso potremo essere noi il "motorino" di inseguimento se il telescopio ne è sprovvisto .
La cosa fondamentale, da questo momento in poi, sarà ricordarsi di mettere in postazione la nostra attrezzatura in modo tale che l'asse polare dell'astro-inseguitore o del telescopio sia perfettamente allineato sul Polo Nord celeste (a circa 47 primi d'arco dalla Stella Polare).
Questo vale per l'allineamento dell'asse ,il telescopio potrà poi lavorare in tutte le direzioni perchè può ruotare di 360° intorno al suo asse.



La messa in postazione dello strumento o "allineamento polare" deve essere il più preciso possibile in quanto, aumentando sempre più i tempi di esposizione, gli eventuali errori diverranno sempre più visibili e fastidiosi.
Utilizzando sia l'astro-inseguitore che il telescopio come strumento di guida è comunque necessario tenere presente le condizioni del cielo, che influiscono in misura molto maggiore sul risultato della fotografia rispetto alla foto effettuata sul cavalletto. Infatti aumentando il tempo di esposizione dobbiamo tenere conto della luminosità del cielo che non è mai completamente nero.

Con un buon astro-inseguitore potremo, se ben stazionato, utilizzare focali di 135 mm o superiori (in certi casi si può arrivare anche ai 300 mm) per tempi di esposizione di 10/15 minuti. Con una pellicola sensibile (400/800 ISO) e sotto un cielo esente da inquinamento luminoso, utilizzando un teleobiettivo aperto a f / 4 potremo fotografare oggetti come la galassia di Andromeda (M31), la Grande Nebulosa di Orione (M42), la nebulosa Nord America (NGC 7000), l'ammasso delle Pleiadi (M45) o il doppio ammasso in Perseo (NGC 869/884).
L'utilizzo dell'astro-inseguitore è comodo perché non obbliga a correzioni continue del puntamento ma è limitativo in quanto non permette di incrementare l'ingrandimento oltre un certo limite e non garantisce buoni risultati con esposizioni particolarmente lunghe.


Galassia M31 in Andromeda
CANON EOS 350D +18-55mm : 30 sec di posa a 800ISO
Con Montatura/astroinseguitore Vixen GP DX

L'inseguimento tramite il telescopio, invece, è più difficoltoso in quanto obbliga l'astro-fotografo a un controllo continuo del puntamento ma, d'altra parte, permette di non avere limiti teorici del tempo di esposizione (il limite è dovuto alla luminosità del cielo) e della focale utilizzata.
E' fondamentale, in ambedue i casi ,ma soprattutto con il telescopio, avere una montatura molto stabile e un cavalletto che non fletta o vibri, altrimenti le nostre foto saranno sempre soggette a un fastidiosissimo "mosso" che, oltre a causare una imperfetta visione dell'immagine, non consentirà di rilevare stelle ed altri oggetti di debole luminosità.
Nella fotografia con il telescopio (in questa prima fase utilizzato solo come inseguitore) sarà necessario disporre di un oculare con un reticolo di puntamento illuminato. In commercio se ne trovano di vario tipo e di tutti i prezzi. Nell'uso dobbiamo tenere conto che il reticolo dell'oculare deve giacere esattamente sul piano focale dell'oculare stesso e coincidere esattamente con il fuoco della stellina di guida altrimenti, per il fenomeno della parallasse, spostando leggermente l'occhio noteremo uno spostamento della stella rispetto al reticolo.
Per utilizzare l'oculare durante una posa fotografica dobbiamo posizionare una stella esattamente all'incrocio tra due linee perpendicolari e mantenerla sempre in quella posizione.





Un altro fattore di cui dobbiamo tenere conto man mano che incrementiamo la lunghezza focale dell'obiettivo che utilizziamo è quello relativo alle vibrazioni introdotte dal meccanismo della macchina fotografica che ribalta lo specchietto e apre l'otturatore; per ovviare a questo inconveniente alcuni modelli di fotocamera hanno la possibilità di bloccare lo specchio reflex in posizione sollevata prima dell'apertura dell'otturatore ,altrimenti conviene posizionare un cartoncino nero davanti l'obiettivo della macchina fotografica, aprire l'otturatore, e dopo qualche secondo spostare delicatamente il cartoncino per cominciare la fotografia.
Questa tecnica è valida soprattutto per fotografare luna e pianeti, mentre per il cielo profondo qualche secondo di vibrazione non influenza la posa che dura svariati minuti.
Fino ad ora non abbiamo parlato della visione degli oggetti nel mirino della macchina fotografica e di come si mette a fuoco in quanto, per focali corte, basta sapere in quale zona si trova l'oggetto che cerchiamo e puntarvi la macchina fotografica dopo avere ruotato la ghiera di messa a fuoco dell'obiettivo su infinito.
Aumentando la focale questi due problemi acquistano una rilevanza sempre maggiore e diventa necessaria una buona conoscenza del cielo per la localizzazione degli oggetti da fotografare. E' consigliabile controllare l'allineamento della macchina fotografica e del telescopio puntando un oggetto ben visibile (una stella particolarmente luminosa, la luce di una casa lontana o comunque un oggetto distante). Se tale oggetto risulta al centro dell'oculare del telescopio e al centro del mirino della macchina fotografica avremo un buon allineamento e, trovando l'oggetto da fotografare nell'oculare del telescopio, saremo certi che sarà anche nel campo inquadrato dalla fotocamera.
La messa a fuoco dovrà essere curata con particolare attenzione in quanto più sarà accurata e minore sarà l'area della pellicola o del sensore in cui verrà dispersa la luce di ogni singola stella.
Queste semplici norme servono per cominciare a fotografare il cielo.
E' consigliabile crescere lentamente, facendo tesoro di ogni singolo errore e confrontandosi continuamente con altri appassionati. Non è necessario che i nostri interlocutori abbiano cominciato da più tempo o con strumenti migliori l'avventura dell'astro-fotografia. L'importante è cercare di ottenere sempre il massimo da ciò che abbiamo a disposizione.
Successivamente ,una volta divenuti esperti potremo cimentarci nell'astro-fotografia a "fuoco diretto" ,ovvero utilizzeremo il telescopio non più esclusivamente come strumento di guida ,ma anche e soprattutto come obiettivo di ripresa ,ma di questo ,se vorrete ,ne riparleremo a parte.

Se si utilizza una reflex tradizionale un ultimo discorso va fatto riguardo le pellicole.
Oggi le nuove emulsioni permettono di sfruttare molto meglio le caratteristiche delle pellicole. Possiamo scegliere tra il bianco e nero e il colore, tra i negativi e le diapositive, sapendo che il mercato offre sempre qualcosa che possiamo utilizzare.
Il mio consiglio personale, se non disponiamo di un buon laboratorio fotografico che sappia come trattare le fotografie astronomiche (sia come sviluppo sia come stampa), è di utilizzare le pellicole in bianco e nero, provvedendo personalmente allo sviluppo e facendo stampare i negativi al laboratorio.
Dopo avere preso una certa pratica, avremo dei negativi che sono sempre sviluppati nel medesimo modo e perciò saremo in grado di valutare meglio gli errori e la nostra evoluzione come astro-fotografi. Inoltre il bianco e nero offre pellicole di elevata sensibilità che ci permettono di ridurre i tempi di esposizione.
In seguito, acquisendo esperienza nell'inseguimento, saremo tentati di aumentare la definizione dell'immagine utilizzando pellicole a grana fine. In questo caso converrà utilizzare pellicole a bassa sensibilità come la famosa Kodak TP 2415, sempre che si trovi ancora in quanto è purtroppo uscita di produzione dall'estate del 2005.
Nel caso in cui, invece, decidessimo di utilizzare il colore è più conveniente usare le diapositive in quanto meno soggette all'interpretazione del tecnico del laboratorio che, stampando un negativo quasi trasparente (perché è così che appare il negativo di una foto astronomica), tende a sovraesporre la stampa schiarendo irreparabilmente il cielo e facendoci perdere i dettagli.
Esistono in commercio diapositive di sensibilità elevata (fino a 1600 ISO senza tiraggio) ma, anche in questo caso, sarà la nostra esperienza e il nostro gusto estetico a farci scegliere la pellicola da utilizzare.

Mi auguro che queste mie righe possano essere di aiuto a chi vuole cimentarsi in un hobby così particolare.


PROXIMO