10 giugno 2007

FOTOCOMPOSITAZIONE DI IMMAGINI

L'enorme differenza di luminosità che riscontriamo fra gli oggetti del cielo ci crea spesso molti problemi per poter effettuare con successo le nostre astrofotografie.
Molte galassie hanno un nucleo molto brillante ma i bracci esterni sono deboli e si perdono nel fondocielo, se l'esposizione è breve per non "bruciare" il nucleo non li rileveremo, nel caso opposto avremo il nucleo saturato mentre i bracci saranno rilevabili.
Stesso discorso si può fare per molte nebulose che hanno zone di brillanza (magnitudine integrata per unità di superficie) elevata e zone di brillanza molto più bassa.
Un esempio su tutte, per gli osservatori invernali, è la nebulosa di Orione, la famosa M42.
Già con i primi scatti ci si rende conto come sia difficile riprendere contemporaneamente la zona centrale del "trapezio" e le "ali" intermedie, senza contare che vi sono nebulosità che arrivano fin oltre Iota Orionis a sud (nebulosa NGC 1980) e 42 Orionis (nebulosa NGC 1977 "The running man").
L'unica soluzione possibile è la compositazione di immagini a diversa esposizione.
Il primo lavoro che deve fare un astrofotografo è di mettersi al tavolino e pianificare con accuratezza la serie di esposizioni da effettuare, cercando di informarsi con la massima precisione possibile sulle caratteristiche dell'oggetto, in base alle condizioni del cielo sotto cui opererà, alla strumentazione ottica e meccanica in suo possesso e alla strumentazione di ripresa e di guida.
E' inutile programmare esposizioni di 20 minuti a F/4 con una digitale a 800 ISO se si riprende dal centro di una metropoli illuminata, senza alcun filtro e magari con un allineamento polare non accurato .
Avremo lavorato inutilmente.
Per realizzare la mia fotografia di M42 che qui potete vedere




avevo a disposizione un cielo che difficilmente scende sotto magnitudine 6 e che a volte la supera abbondantemente , un telescopio Newton 8" con una focale di 800 mm a F/4 (precisa per riprendere in un solo scatto tutta la "spada" di Orione, evitando così anche il problema del mosaico; la montatura era una robusta e affidabile Losmandy , come strumento guida è stato utilizzato un rifrattore da 800mm di focale montato in parallelo.
Per la ripresa è stata utilizzata una Canon EOS300D modificata con filtro Baader per aumentare la resa nella parte bassa dello spettro.
Questo setup garantiva riprese di una decina di minuti in assenza di vento (anche più lunghe ma il sensore CMOS avrebbe introdotto troppo rumore).

A questo punto si trattava di decidere quante foto scattare e quali esposizioni effettuare per avere le componenti più luminose della nebulosa esposte correttamente.
Sulla base della mia esperienza personale e di alcune prove ho optato per queste esposizioni (in considerazione del fatto che la luminosità della parte centrale varia moltissimo in una zona ristretta):

a) 5 secondi a 100 ISO
b) 10 secondi a 100 ISO
c) 15 secondi a 100 ISO
d) 15 secondi a 200 ISO
e) 15 secondi a 400 ISO
f) 40 secondi a 400 ISO
g) 120 secondi a 400 ISO
h) 240 secondi a 400 ISO
i) 600 secondi a 400 ISO


Come si può notare l'esposizione dell'ultima ripresa sarebbe stata 480 volte più lunga della prima, in considerazione del maggior guadagno in ISO.
Altro fattore da tenere presente: le esposizioni multiple.

Il singolo scatto è sempre affetto da un certo rumore dovuto all'elettronica della macchina fotografica, a possibili raggi cosmici, a un'interferenza dovuta al passaggio di un satellite o di un aereo.
Inoltre per elaborare al meglio il rapporto segnale rumore deve essere il migliore possibile. Si rendeva necessario perciò programmare non singoli scatti ma serie intere di fotografie per ogni tipo di esposizione.
Le prime sequenza, quelle più brevi, non richiedono particolari accorgimenti in quanto il rischio di mosso, il rumore elettronico, i rischi di interferenze esterne, sono molto ridotti. Inoltre non costa una perdita di molto tempo per cui anche qualche posa non perfettamente riuscita può tranquillamente essere messa in conto.
L'importante, come deve essere fatto per qualsiasi altra fotografia, è investire il tempo necessario per una messa a fuoco la più accurata possibile. Se non siamo convinti si ricomincia da capo.
Diverso è il caso per le pose più lunghe, quelle da 40 secondi in più; in questo caso deve essere curata anche l'esatta messa in postazione della montatura, la guida, la presenza o meno di fonti di illuminazione come la Luna (oltre all'inquinamento luminoso umano).
Non è consigliabile fare queste riprese da casa(a meno che non si abiti in una zona eccezionalmente buia), ma dalla montagna; è necessario aspettare i periodi nei quali la Luna sia favorevole (intorno alla Luna nuova) e sperare nel meteo, cosa difficile nel mese di invernali.
Il programma prevedeva almeno 20 pose per ogni serie da 40 secondi in sù in modo da migliorare di un fattore maggiore di 4 il rapporto segnale/rumore.
Questo rapporto, infatti, si incrementa in funzione della radice quadrata delle pose sommate.
Per prima cosa ho convertito le immagini (riprese tassativamente in raw) in tiff a 16 bit mediante Photoshop CS2 che ha una funzione di conversione. Ho regolato il bilanciamento dei colori in modo che le tre curve che apparivano sull'istogramma fossero più o meno coincidenti, aumentando leggermente il gamma, se necessario e disinserendo tutte le altre correzioni.A questo punto le varie serie sono state allineate e mediate fra loro (io ho usato il programma Registar della Auriga Imaging )
Ho avuto così a disposizione 9 immagini che erano il risultato delle varie sequenze programmate.A ogni sequenza ho dato prima una lettera dell'alfabeto come distinzione e in seguito mi riferirò sempre con queste lettere dell'alfabeto per riferirmi all'immagine risultante da quella sequenza.
A questo punto basterà semplicemente ridurre i vari layers a un unico livello e processare l'immagine così ottenuta.Con un po' di pazienza e con l'uso della regolazione dei livelli, dei vari filtri come maschere sfocate, passa basso e altri è possibile ottenere un risultato finale piacevole e che permette di vedere tutte le varie parti della nebulosa.

Queste righe non sono l'unico metodo per compositare immagini con livelli di segnale così diversi ma è solo uno fra i tanti. E' solo il metodo che uso io ma che non ho inventato. E' stato lo scambio di informazioni con altri astrofotografi che mi ha portato ad affinarlo, secondo le mie personali esigenze.

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